lunedì 24 marzo 2014

BellAustralia dopo 11 mesi



In Australia da 11 mesi e tantissime cose sono cambiate. Per cominciare io ho imparato a fare le valige in fretta e sono quasi ad un punto di svolta con il mio problema con i traslochi. Ne abbiamo fatti 7 negli ultimi 11 mesi senza contare il trasferimento qui in Australia. Cambiare casa non implica soltanto che il senso organizzativo funzioni alla perfezione ma richiede anche una capacità di adattamento fuori dal normale. Già normalmente non si può avere tutto quello che si desidera. In questa situazione poi, di cambiamenti veloci e radicali, bé, adattarsi è la parola d’ordine. E si tratta di un adattamento a scatole cinesi perché adattarsi ad una nazione diversa con una cultura diversa, una lingua diversa, abitudini diversi non è la sola sfida. 

Poi occorre adattarsi alle varie sistemazioni, al cibo, e alle persone. Impossibile ragionare all’europea quaggiù e bisogna tutti i giorni fare i conti con se stessi per riuscire a farsi conoscere nonostante la lingua e integrarsi nonostante le diversità. Persino l’humour mi ha creato piccole difficoltà all’inizio perché, so che è ridicolo, ma non sapevo mai quando ridere e non capivo se certe battute erano barzellette, umorismo, sarcasmo o chenesoio.

Dopo 11 mesi involontariamente ci siamo abituati a tante cose che all’inizio sembravano insormontabili e dico insormontabili per noi che viviamo nella vera Australia, quella fuori dalle city super fornite di tutto, fuori dal global environment che la città ti propone in quanto metropoli multiculturale. L’Australia che abbiamo vissuto noi è quella del formaggio e uova a colazione, quella in cui trovi il pancarrè ma non il pane (se lo vuoi devi pagarlo un botto e andare a cercarlo in giro!), è l’Australia che per andare dal medico devi fare 30 km a sud e per fare la spesa 35 a est. Insomma, non è tutto scontato qui e quando dall’Italia ce la mettono facile mi chiedo quale tipo di vita si immaginano noi facciamo qui. 
Qui stiamo imparando a non dare tutto per scontato, a non cullarci nelle comodità a cui eravamo abituati, a motivarci per qualsiasi cosa e ad apprezzare l’Italia per quello che non vedevamo più vivendoci. Qui abbiamo soprattutto imparato ad affinare il nostro spirito critico e a guardare le cose da dentro e non a giudicarle solo per il loro lato luminoso. L’Australia non è la terra che tanti immaginano in Europa. E se ci sono casi molto fortunati di emigrati che qui si sono arricchiti, bé, allora è meglio che si approfondiscano i singoli casi per capire il perché e il come. 
Il paese è molto chiuso e ogni singola ingerenza è regolamentata a dovere in modo da favorire i locali. Fin qui mi sembra tutto giustissimo. Come mi sembra giusto che l’Australia si protegga ma anche questo paese ha due facce distinte e mentre manda alle stelle le rate universitarie per gli europei, dall’altro apre le porte all’Asia lavorando su uno scambio di interessi che si riduce tutto qui, in questo lato di mondo. Il famoso working holiday visa rimpinza l’Australia di manodopera a basso costo e tirando le somme tutti i soldi che noi working holiday holder spendiamo girano e rigirano qui, nelle tasche del governo. La carta d’oro, la migliore da giocarsi secondo me è l’Università. Bisognerebbe avere tanti soldi per potersi permettere un master o un dottorato in modo da conseguire una qualifica australiana e dunque pienamente riconosciuta che possa a lungo termine essere spendibile qui. Da quello che vediamo la professionalità europea non è importata a scatola chiusa e il benestare del governo passa necessariamente attraverso esami, riconoscimenti (a suon di dollari!!!!) e perfezionamenti di matrice australiana. In poche parole, il sistema educativo australiano ci deve mettere il suo zampino altrimenti nada!

A tutto ciò bisogna aggiungere una buona quantità di buona volontà e determinazione per quello che riguarda la lingua perché a meno che l’inglese in dotazione non sia quello appreso durante numerosi viaggi all’estero, quello scolastico non è mai sufficiente. Noi abbiamo attraversato incredibili difficoltà all’inizio e anche adesso quando passiamo da una lingua all’altra repentinamente ci sembra strano perché il cervello è ancora in fase di adattamento e non è raro che nell’italiano ci scappino alcune parole in inglese. Ma ci siamo accorti che si tratta di fasi. Il cervello si adatta e assorbe anche grazie a tanta tv e giornali. L’importante è non avere paura di parlare. Bisogna buttarsi, sbagliare, fare figuracce ma l’inglese arriva. E arriva anche il momento in cui si riesce persino ad incazzarsi in inglese, o ad essere simpatici. Non è facile sentirsi veramente se stessi parlando un’altra lingua. Ma questo è e questo bisogna attraversare per integrarsi.
Dopo 11 mesi qui però non vedo l’ora di tornare in Italia e fare l’italiana 100% davanti al mio cappuccino e al mio croissant zeppo di crema e non vedo l’ora di ascoltare l’italiano parlato in massa perché quello manca davvero. Non so cosa sarà in futuro, se saremo ancora qui o se decideremo di tentare altrove. Quello che sappiamo per certo è che non sarà mai una passeggiata, come non lo era vivere in Italia e come non lo è stata fin ora vivendo qui nella terra dei canguri.
L'Australia è stupen
da ed è esotica non per questo perfetta.

Ps. Per chi fosse interessato, i datori di lavoro bastardi e incorretti ci sono anche qui. Non fatevi raccontare favolette sulla perfezione di questo paese perché non esiste. Non lasciate che l’Australia vi appaia perfetta perché la paragonate all’Italia. Sono due cose completamente diverse. Non vale il giochetto che qualsiasi posto è meglio dell’Italia adesso. Anche io la pensavo così all’inizio ma non è vero. Prima di dirlo andate all’estero e provate ad essere immigrati. Nessuno vi aspetta a braccia aperte!

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