In Australia da 11 mesi e
tantissime cose sono cambiate. Per cominciare io ho imparato a fare le valige
in fretta e sono quasi ad un punto di svolta con il mio problema con i
traslochi. Ne abbiamo fatti 7 negli ultimi 11 mesi senza contare il
trasferimento qui in Australia. Cambiare casa non implica soltanto che il senso
organizzativo funzioni alla perfezione ma richiede anche una capacità di
adattamento fuori dal normale. Già normalmente non si può avere tutto quello
che si desidera. In questa situazione poi, di cambiamenti veloci e radicali,
bé, adattarsi è la parola d’ordine. E si tratta di un adattamento a scatole
cinesi perché adattarsi ad una nazione diversa con una cultura diversa, una
lingua diversa, abitudini diversi non è la sola sfida.
Poi occorre adattarsi alle
varie sistemazioni, al cibo, e alle persone. Impossibile ragionare all’europea
quaggiù e bisogna tutti i giorni fare i conti con se stessi per riuscire a
farsi conoscere nonostante la lingua e integrarsi nonostante le diversità.
Persino l’humour mi ha creato piccole difficoltà all’inizio perché, so che è
ridicolo, ma non sapevo mai quando ridere e non capivo se certe battute erano
barzellette, umorismo, sarcasmo o chenesoio.
Dopo 11 mesi involontariamente ci
siamo abituati a tante cose che all’inizio sembravano insormontabili e dico
insormontabili per noi che viviamo nella vera Australia, quella fuori dalle
city super fornite di tutto, fuori dal global environment che la città ti
propone in quanto metropoli multiculturale. L’Australia che abbiamo vissuto noi
è quella del formaggio e uova a colazione, quella in cui trovi il pancarrè ma
non il pane (se lo vuoi devi pagarlo un botto e andare a cercarlo in giro!), è
l’Australia che per andare dal medico devi fare 30 km a sud e per fare la spesa
35 a est. Insomma, non è tutto scontato qui e quando dall’Italia ce la mettono
facile mi chiedo quale tipo di vita si immaginano noi facciamo qui.
Qui stiamo
imparando a non dare tutto per scontato, a non cullarci nelle comodità a cui
eravamo abituati, a motivarci per qualsiasi cosa e ad apprezzare l’Italia per
quello che non vedevamo più vivendoci. Qui abbiamo soprattutto imparato ad
affinare il nostro spirito critico e a guardare le cose da dentro e non a
giudicarle solo per il loro lato luminoso. L’Australia non è la terra che tanti
immaginano in Europa. E se ci sono casi molto fortunati di emigrati che qui si
sono arricchiti, bé, allora è meglio che si approfondiscano i singoli casi per
capire il perché e il come.
Il paese è molto chiuso e ogni singola ingerenza è
regolamentata a dovere in modo da favorire i locali. Fin qui mi sembra tutto
giustissimo. Come mi sembra giusto che l’Australia si protegga ma anche questo
paese ha due facce distinte e mentre manda alle stelle le rate universitarie
per gli europei, dall’altro apre le porte all’Asia lavorando su uno scambio di
interessi che si riduce tutto qui, in questo lato di mondo. Il famoso working holiday
visa rimpinza l’Australia di manodopera a basso costo e tirando le somme tutti
i soldi che noi working holiday holder spendiamo girano e rigirano qui, nelle
tasche del governo. La carta d’oro, la migliore da giocarsi secondo me è l’Università.
Bisognerebbe avere tanti soldi per potersi permettere un master o un dottorato
in modo da conseguire una qualifica australiana e dunque pienamente
riconosciuta che possa a lungo termine essere spendibile qui. Da quello che
vediamo la professionalità europea non è importata a scatola chiusa e il
benestare del governo passa necessariamente attraverso esami, riconoscimenti (a
suon di dollari!!!!) e perfezionamenti di matrice australiana. In poche parole,
il sistema educativo australiano ci deve mettere il suo zampino altrimenti
nada!
A tutto ciò bisogna aggiungere
una buona quantità di buona volontà e determinazione per quello che riguarda la
lingua perché a meno che l’inglese in dotazione non sia quello appreso durante
numerosi viaggi all’estero, quello scolastico non è mai sufficiente. Noi
abbiamo attraversato incredibili difficoltà all’inizio e anche adesso quando
passiamo da una lingua all’altra repentinamente ci sembra strano perché il
cervello è ancora in fase di adattamento e non è raro che nell’italiano ci
scappino alcune parole in inglese. Ma ci siamo accorti che si tratta di fasi. Il
cervello si adatta e assorbe anche grazie a tanta tv e giornali. L’importante è
non avere paura di parlare. Bisogna buttarsi, sbagliare, fare figuracce ma l’inglese
arriva. E arriva anche il momento in cui si riesce persino ad incazzarsi in
inglese, o ad essere simpatici. Non è facile sentirsi veramente se stessi
parlando un’altra lingua. Ma questo è e questo bisogna attraversare per
integrarsi.
Dopo 11 mesi qui però non vedo l’ora
di tornare in Italia e fare l’italiana 100% davanti al mio cappuccino e al mio
croissant zeppo di crema e non vedo l’ora di ascoltare l’italiano parlato in
massa perché quello manca davvero. Non so cosa sarà in futuro, se saremo ancora
qui o se decideremo di tentare altrove. Quello che sappiamo per certo è che non
sarà mai una passeggiata, come non lo era vivere in Italia e come non lo è stata
fin ora vivendo qui nella terra dei canguri.
L'Australia è stupen
da ed è esotica non per questo perfetta.
Ps. Per chi fosse interessato, i
datori di lavoro bastardi e incorretti ci sono anche qui. Non fatevi raccontare
favolette sulla perfezione di questo paese perché non esiste. Non lasciate che
l’Australia vi appaia perfetta perché la paragonate all’Italia. Sono due cose
completamente diverse. Non vale il giochetto che qualsiasi posto è meglio dell’Italia
adesso. Anche io la pensavo così all’inizio ma non è vero. Prima di dirlo
andate all’estero e provate ad essere immigrati. Nessuno vi aspetta a braccia
aperte!
Nessun commento:
Posta un commento