giovedì 11 settembre 2014

Ennesima casa down under. It's not a place. It's a feeling.



È un mese che abitiamo in questa casa. È vecchiotta, è vero. Si è presentata in tutta la sua precarietà dal primo momento. Non ha un armadio a muro. Il pavimento scricchiola e il camino fischia. Il lavandino è minuscolo e o ti bruci o congeli per lavare le stoviglie. Ma solo oggi ho appeso ai muri, un po’ ingialliti, alcune fotografie che mi porto dietro da mesi. È come un rituale che si ripete, un’espirazione a polmoni pieni che decreta l’avvenuto assestamento. È l’ottava casa che cambiamo da quando siamo down under. È l’ennesima sistemazione che ci porta valige mezze piene tra i piedi e cavi, lenzuola, cartoni del latte zeppi di utensili di ogni tipo.


Una volta una persona che non mi conosce affatto mi ha detto, presa dal bisogno di giudicare senza capire, che non sono in grado di adattarmi. Tutti sono in grado di adattarsi quando si spostano continuamente, quando hanno sempre le valige pronte e rotoli di scotch sempre nuovi. Ma io ho bisogno del livello successivo anche quando so che dovrò lasciare un posto per un altro. Ho bisogno di sentirlo mia. Ho bisogno che porti almeno un segno di me che me lo faccia sentire come casa mia. E non è qualcosa di immediato. È trascorso un mese da quando abbiamo messo piede la prima volta qui e solo oggi ho preso martello e chiodi e ho appeso ai muri alcune foto che mi porto dietro da una vecchia casa: Charlie Chaplin, Frida Kahlo, Cristian e me.

Allo stesso modo l’odore di incenso. Sembra aprire i polmoni per lasciare entrare con più facilità l’atmosfera di agio. Perché quello che conta è sentirsi a proprio agio e che importa se usiamo qualche sotterfugio per ottenere il risultato?! La casa è quella in cui ci sentiamo a casa e basta poco per sentirsi a casa ovunque. È sufficiente sempre una sola ed unica cosa: la consapevolezza di sé e la voglia di restare se stessi anche in campo al mondo.

Nessun commento:

Posta un commento